sabato 13 settembre 2008

Lo squadrismo di Berlusconi si abbatte sulle scuole

Era già stato scritto lo scorso giugno nell’articolo 64 del D.L. 112/2008, che ha tolto alle istituzioni scolastiche per i prossimi tre anni ben 7832 milioni di euro e 140.000 tra docenti e non docenti precari. Lo aveva già ribadito il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini: «Le scuole devono trasformarsi in fondazioni e poter scegliere i propri professori».
Il ritorno al docente unico, con la coreografia nostalgica per la divisa scolastica, le valutazioni degli alunni sotto forma di voti e la bocciatura se il voto di condotta è scarso, preannuncia quella che il regime di Destra chiama riforma scolastica, ma che in realtà è il più pesante atto di demolizione della scuola pubblica. Il maestro unico fu una necessità dello stato sabaudo, che non aveva personale didattico, quando il fine della scuola era di insegnare a leggere e scrivere e far di conto alle masse contadine. Quando nel 1990 furono istituiti i moduli didattici giustamente ci si metteva al passo coi tempi: un maestro unico sarebbe stato massacrato fisicamente se avesse dovuto seguire i bambini con handicap, insegnare lingua straniera e informatica, guidare i diversi laboratori didattici.
Nei decenni scorsi i governi di centro destra hanno indebolito la scuola pubblica, potenziando quella privata; ora stanno passando alla spallata definitiva. Quando nei prossimi mesi il Consiglio dei Ministri presenterà il decreto con il quale trasformerà gli attuali enti scolastici in fondazioni, e verranno abolite le graduatorie dei precari docenti e non docenti, e il direttore scolastico sceglierà il personale secondo un suo privato parametro (tendenzioso, a seconda dei suoi referenti politici) la scuola verrà inglobata dalla partitica e diverrà una specie di protettorato governativo, più o meno come uno di quegli enti che servono solo a conferire un lauto stipendio agli scartini, ai riciclati e ai trombati della politica nazionale. Vedremo nelle direzioni scolastiche tanti ambiziosi che, pur di conquistarsi il seggio da Direttore, si metteranno ad imitare il grande poeta Bondi, o la squadrista dalla penna nera, quella tale Gelmini, che se non avesse avuto l’arguzia di interpretare fedelmente la strategia dittatoriale di Berlusconi sarebbe rimasta una miss mancata con la bocca storta.
Certo, stravolgere le istituzioni scolastiche da quella poltrona che fu di autorevoli intellettuali e professori universitari (del calibro di Francesco De Santis, Michele Coppino, Vittorio Emanuele Orlando, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Adolfo Omodeo, Antonio Segni, Giacinto Bosco, Giovanni Spadolini, Luigi Berlinguer, Tullio De Mauro) è una scelta scellerata che, se non fermata in tempo, avrà delle conseguenze letali sulla società e sulla formazione intellettiva e intellettuale dei giovani.
Non sono d’accordo col paragonare, come fanno spesso pur arguti commentatori, il regime fascista a questo nuovo ordine sociale. Seppure il regime fascista fu una rozza dittatura che intimidiva la critica con l’olio di ricino e il manganello, vi furono delle figure di tutto rispetto che non soffocarono le istituzioni scolastiche e culturali. Giuseppe Bottai va ricordato come quel ministro dell’Educazione Nazionale che introdusse l’insegnamento del lavoro manuale nelle scuole, ridusse l’ingerenza delle scuole private, emanò una legge a difesa del paesaggio e del patrimonio archivistico, rivalutò il folclore, sostenne le attività artistiche di poeti e pittori - fu lui a nominare professori universitari di chiara fama Quasimodo e Ungaretti, che non avevano titoli di studio adeguati, e in questo modo poterono insegnare ed avere una fonte di reddito per poter continuare a coltivare la poesia.
Il regime berlusconiano è più subdolo e insidioso di qualunque fascismo e nazismo, perché si afferma non già per mezzo di un evidente coercizione fisica (che potrebbe anche causare reazioni di opposizione) ma a colpi di squadrismo legislativo. La dittatura fascista rafforzava lo Stato fascista; lo squadrismo legislativo berlusconiano rafforza le attività economiche dello stesso Berlusconi, coincidenti con quelle di partito e quasi tutte operanti nei Media. Il partito azienda di Berlusconi è ormai un abnorme Stato dentro lo Stato italiano, un tumore che lo sta divorando. Il bassetto di Arcore ha la statura psicologica di un funesto principe medievale; egli riesce a far leva sulla vanità e sull’opportunismo di una gran moltitudine di giornalisti mediocri, quelli che aderiscono al suo partito-azienda pur di avere uno stipendio e la possibilità di una fulminea carriera, prestandosi senza remore nella funzione di corifei del potere. Questi chierichetti dell’informazione, dentro le televisioni e nei giornali, hanno la funzione di far apparire alla massa ignorante le scelte profondamente egoistiche del loro capo come scelte a favore del popolo. Una scarica di manganellate su di un militante antifascista non aveva la funzione di convertirlo, ma di ricordargli di non opporsi con scritti od azioni; al contrario l’attuale regime che non usa la forza contro i suoi detrattori, li emargina dal mondo del lavoro, sottraendogli le forze economiche necessarie sia per poter vivere una vita decente, sia per poter organizzare una cultura alternativa.
Se Berlusconi fosse stato il presidente del Consiglio di un qualsiasi stato democratico i provvedimenti squadristici presi sulla scuola avrebbero innescato tali proteste sui media e tra il personale scolastico che lo avrebbero costretto alle dimissioni. Invece il popolo italiano, nonostante l’evidente miseria in cui è stato trascinato da governi irresponsabili (stipendi da fame, caro vita, costi delle case saliti a cifre impossibili) è stato quasi tutto addomesticato, e si appresta ad accettare supinamente ogni sopruso della sua classe politica. Opporsi a questa riforma con uno scioperetto, tanto per giustificare ancora una volta l’esistenza in vita dei Sindacati, non serve a fermare lo squadrismo berlusconiano, né tantomeno a rivitalizzare una economia dominata da una accolita di manager bancarottieri. Ci vuole ben altro. Ci vuole la mobilitazione permanente delle masse. Questa è l’ultima occasione per arginare la dittatura . O cede Berlusconi o cediamo noi cittadini, popolo, classi povere e d’origine popolare. Le classi medio-alte, quelle in cui entrano come minimo quattromila euro al mese, che governi Berlusconi o D’Alema, rimangono sempre a galla... (Nella foto il ministro Gelmini)

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