lunedì 1 settembre 2008

Circoli della legalità: la speranza nell'Italia dei Valori

Non credo sia mai esistita nella disgraziata storia dell’umanità una classe politica quale quella italiana, formatasi nel secondo dopoguerra sul culto dell’antifascismo, la quale, nel giro di due o tre generazioni, è stata capace di creare un potere oligarchico compatto e consociato a divorare le risorse dello Stato. Il famigerato ventennio mussoliniano, messo a paragone con il lungo sessantennio antifascista, ci appare quasi come un regime di bellimbusti. Mi duole dirlo, ma i fascisti che mantenevano il potere per mezzo di leggi repressive e di violenze esplicite, avevano un senso e un culto dello Stato che i democristiani non hanno mai posseduto e i berlusconiani di oggi irridono.
Gli odierni post fascisti e post comunisti, che per decenni e decenni hanno costruito le loro personali fortune con la fedeltà alle loro ideologie, nell’ultimo decennio, quando si sono resi conto che le loro favolette non facevano più presa sul popolino, le hanno liquidate, continuando imperterriti a considerare lo Stato come un organismo da spolpire.
I monopoli e gli enti pubblici, per decenni e decenni, ridotti a carrozzoni clientelari, con la scusa che non rendevano alla collettività, furono svenduti alle forze economiche amiche. Fiumi di denaro sono ancora incanalati verso il sud con la giustificazione di favorire l’occupazione, mentre in realtà alimentano la classe parassitaria politica e mafiosa che controlla le istituzioni. Un mare di danaro continua a travasarsi dal Ministero del Tesoro alle sedi dei partiti e dei giornali fiancheggiatori, onde poter permettere alla classe politica di avere le risorse per addomesticare le forze intellettuali e mistificare l’informazione.
La classe politica non solo usa una infinità di sistemi per poter avere a disposizione proprie risorse economiche, ma fa accollare allo Stato – ossia alla collettività, per mezzo delle infinite casse integrazioni - anche i debiti delle colossali aziende, che fatalmente falliscono perché derubate dai loro consigli di amministrazione. L’attuale caso dell’Alitalia, affossata dai propri amministratori e scaricata allo Stato - il governo Berlusconi è intervenuto con una serie di decreti finanziando i bancarottieri con un prestito a fondo perduto di 300 milioni di euro, accollandosi i debiti per 1 miliardo di euro, sostenendo la cassa integrazione per 7 anni di circa 7.000 dipendenti messi in esubero - è la prova madre di una classe politica che ha la depravata concezione di togliere ai poveri per donare ai ricchi e ai truffatori. Ricordiamoci che nel luglio scorso il Governo Berlusconi con il D.L. 112/2008 ha già disposto tagli alla scuola pubblica di 140.000 precari, per un totale di 8.300 milioni di euro fino al 2012. Così maestre e bidelli precari vengono espulsi dalle istituzioni scolastiche, parafrasando Antonio Di Pietro, “per poter permettere al fior fiore degli imprenditori all’italiana, ossia ai finanzieri d’assalto e ai riciclati di Tangentopoli, di fare profitti profittando della cuccagna che viene loro offerta, con la garanzia anticipata che non dovranno nemmeno rispondere di fronte alla giustizia”.
“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss” Così si esprimeva nel 1981 non già Beppe Grillo, ma il mite Enrico Berlinguer, non prevedendo che nei decenni successivi non solo il partito craxiano ma il suo stesso partito e gli eredi del suo partito si sarebbero conformati alla natura anticristiana di quel portento di ipocrisia che fu la Democrazia Cristiana.
La differenza tra i due partiti oggi dominanti nell’emiciclo di Montecitorio sta nel riferimento economico. Il partito della libertà, dominato da Berlusconi, ha un riferimento esplicito nel potentissimo gruppo economico della propria famiglia. Il Partito Democratico ha un riferimento con vari gruppi economici, che non coincidono strettamente con il partito. E mi pare ovvio che per entrambi il fine ultimo delle loro azioni politiche tenda a soddisfare i loro alti referenti piuttosto che i poveri cittadini.
Nelle province italiane, sotto la protezione delle alte sfere, c’è ancora una moltitudine di geometri e di architetti, a cui nessuno affiderebbe il disegno di un pollaio, ch’eppure sono a capo dei municipi e degli uffici tecnici, redigono piani di fabbricazione lucrosi, fregandosene di avere rispetto del territorio e del paesaggio. Fin verso gli anni sessanta del Novecento l’Italia era ancora un museo aperto di bellezze naturali e di opere d’arte. Oggi hanno trasformato il bel paese in un altro museo: il campionario della sistematica devastazione della natura. E’ con l’aiuto della cricca provinciale dei partiti che i ras locali trasformano in voti ai candidati politici il proprio sistema clientelare. E gli eletti contraccambiano il favore garantendogli l’impunità sul territorio.
Dice giusto Beppe Grillo quando afferma: “Senza l’amministrazione dei comuni, i partiti si svuoteranno come un palloncino bucato, i piranha non avranno più l'acqua dove nuotare”.
Nonostante ciò l’Italia dei Valori, che indubbiamente sta combattendo una valorosa battaglia contro il malaffare politico nazionale, non ha finora dato la giusta importanza al ruolo fondamentale che svolgono le amministrazioni locali, anche i piccoli municipi, per perpetuare un sistema di potere, e non ha messo in atto una strategia per cercare di contrastarlo. I sindaci amministrano nell’illegalità e nel più sfacciato favoritismo, protetti dai capobastone nelle Regioni e nelle altre importanti istituzioni; la minoranza consiliare è spesso incapace o collusa; i cittadini non vengono messi a conoscenza delle scelte amministrative e non denunciano i soprusi per paura delle vendette; la magistratura non interviene perché non ha le spalle forti. Come già detto i partiti nazionali coprono le malefatte degli amministratori comunali in cambio dell’appoggio incondizionato alle elezioni politiche. Così si perpetua uno stato di fatto che se da una parte scoraggia e impoverisce gli onesti, dall’altra incoraggia i disonesti e accresce le loro indebite ricchezze.
Se l’Italia dei Valori fosse in grado di strutturare, paese per paese, quei circoli della legalità di cui discettava mesi or sono - magari con l’aiuto dell’associazione dei consumatori Adusbef, di cui il senatore dell’IdV Elio Lannutti ne è ancora presidente – il cittadino bistrattato, offeso, tiranneggiato dalle pubbliche amministrazioni, troverebbe una valida sponda professionale per rivendicare i propri diritti e limitare lo strapotere dei politicanti locali. Potenziando le azioni di politica locale laddove ci sia un nucleo consistente di militanti dell’Italia dei Valori si accrescerebbe notevolmente il consenso e la partecipazione attiva in un partito che sta dimostrando nei fatti di avere una classe dirigente preparata, niente affatto disposta a cedere ad inciuci di sorta, e candidata ad ereditare l’elettorato di sinistra, sempre più scontento della sua conformistica dirigenza.

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