domenica 30 marzo 2008

Contro la partitocrazia: dall’Uomo Qualunque a Beppe Grillo

La vita della repubblica italiana è stata attraversata, è ancora attraversata, da periodici sommovimenti, taluni più sinceri, talaltri più furbeschi, che contestano o si propongono di rinnovare partiti e politica. Indubbiamente questi movimenti e partiti hanno arricchito la sonnolenta scena politica italiana, dominata da una classe politica democristiana, che con una discrezione fintamente pudica, ha sottratto per lunghi 50 anni immani risorse alla collettività. La classe politica succedanea a quella della prima partitocrazia, sbracata e caciarona, si avviava a diventare peggio di quella che l’aveva preceduta. Le carte sono state rimescolate dopo la crisi del sistema maggioritario, che ha aumentato il potere ricattatorio dei piccoli partiti e non è riuscito a conferire uno stabile indirizzo ai governi.
Ripercorriamo le tappe di quei partiti, di quei movimenti che hanno fatto finta di combattere o hanno cercato di combattere in buona fede quel sistema di potere conosciuto come partitocrazia.

l’Uomo qualunque
Indubbiamente la prima forma di contestazione partitica fu un settimanale satirico, “l’Uomo qualunque”, fondato dall’estroso commediografo Guglielmo Giannini, in quel periodo di confusione seguito al disastro dell’otto settembre del 1943 e la nascita della Repubblica. “L’Uomo Qualunque”, fino al 1948 ebbe un ampio consenso tra gli scettici e i detrattori di ogni forma di Stato retto da istituzioni di origine partitica.
La contraddizione del Giannini fu quella di usare il successo del giornale per dar vita ad un partito vero e proprio, che più volte concorse alle elezioni amministrative e politiche. All’Assemblea Costituente del 1946 riuscì ad ottenere 30 seggi; alle amministrative di Roma dello stesso anno fu il secondo partito, dopo il fronte popolare di sinistra e prima della DC. Nel ’47 il suo apporto fu fondamentale per estromettere dal governo socialisti e comunisti. Ma a partire dall’anno dopo, quando “l’Uomo Qualunque” entrò in una coalizione di Centro Destra, senza peraltro riscuotere consensi, il partito cominciò a screditarsi e si ridusse ad una minuscola formazione che supportò la Democrazia Cristiana fino al 1959, anno in cui si verificò il decesso del Giannini. Il giornale, che non aveva più la tiratura e l’eco del periodo iniziale, chiuse definitivamente l’anno dopo.

Il Sessantotto
Dovevano trascorrere altri venti anni prima di avvertire nella società italiana un’altra forte scossa. Fu il movimento spontaneo di studenti, conosciuto come “Sessantotto”, che prese il nome dall’anno in cui esordì clamorosamente. Nato negli atenei europei e statunitensi per contestare l’autoritarismo delle istituzioni universitarie, in Italia allargatosi alla critica della politica, assumendo una base ideologica di sinistra extra parlamentare, le pubbliche manifestazioni del “Sessantotto”, che in diverse occasioni coinvolsero il movimento operaio, sfociarono fin dall’inizio in scontri fisici con le forze dell’ordine. Il poeta Pier Paolo Pasolini in una sua famosa poesia “civile” scrisse di stare dalla parte della Polizia, perché questa era formata dai figli del popolo, abbrutiti dal potere per avere uno stipendio, mentre gli studenti erano prodotti della media borghesia, figli di papà, che non si rendevano conto, accettando lo scontro con la Polizia, di inscenare una specie di lotta di classe rovesciata, che finiva con avere valore di teppismo, “Bella vittoria, dunque, la vostra!/ In questi casi, ai poliziotti si danno i fiori,/amici. [...]” Pur non costituendosi mai in un partito, seppure dalle sue frange più estremiste nacquero sia una classe di rampanti intellettuali, che negli anni successivi scalarono le maggiori imprese editoriali, sia una sciagurata leva di favoreggiatori e attivi terroristi, il Sessantotto fu importante nella società perché introdusse una più favorevole mentalità aperta ai diritti civili, alle donne, alle minoranze.

Il Partito Radicale
Difatti, senza il momento collettivo di rottura del Sessantotto, forse certe battaglie del partito radicale non sarebbero né sorte, né avrebbero avuto successo.
Il Partito Radicale, nato nel 1955, proprio nei primissimi anni Settanta, grazie al dinamismo di Marco Pannella, pur non avendo rappresentanti parlamentari, si distinse per una capacità di mobilitazione delle masse, prima a favore di una legge che introdusse il divorzio, poi per combattere il referendum che intendeva bocciarlo. Soltanto nel 1976 un piccolo gruppetto di radicali fu premiato del suo impegno con l’ingresso in Parlamento.
Pannella, Spadaccia e i radicali si caratterizzarono come un partito parlamentare e antiparlamentare nello stesso tempo; accusavano i partiti di partitocrazia; conducevano battaglie civili non classiste, cercando di usare soprattutto l’arma del referendum per abrogare leggi liberticide. Ma fu proprio l’uso eccessivo di questo strumento, che spesso non ebbe successo, la tattica di candidature parlamentari clamorose – come quella di far eleggere nel massimo emiciclo una pornodiva, onde poter combattere fantasmagoriche battaglie sulla libertà sessuale – nonché un balletto di alleanze tra Destra e Sinistra, insieme al ricorso estenuante e retorico dello sciopero della fame, che hanno finito con lo screditare non poco un partito che ebbe degli indubbi meriti per oltre un trentennio. Oggi il partito radicale, che si è creato una autorevole ed importante nicchia nell’informazione con Radio Radicale, sostenuta da contributi pubblici, con l’unità del partito volontariamente frammentata nelle liste ad personam, forse, con il nuovo assetto politico che si sta delineando in questi mesi sarà destinato a scomparire con la scomparsa del pigmalione Pannella.

La Lega Nord
Nelle elezioni politiche del 1992 si affermò un partito nato tre anni prima, la Lega Nord, che conquistò 80 seggi tra deputati e senatori. La Lega Nord dilagò nelle regioni del nord Italia, tra i ceti produttivi profondamente scontenti del fisco e della politica economica nazionale. Fu facile per Umberto Bossi e i suoi seguaci, nel periodo di confusione tra il crollo della prima partitocrazia, a seguito del giusto lavoro delle Procure d’Italia, che smantellavano un sistema politico profondamento corrotto, mietere consensi: bastava che alzassero i toni della voce e mettessero i piedi sul tavolo durante le interviste pubbliche, dichiarando di guidare la secessione contro una Roma ladrona. I parlamentari della Lega Nord diventarono addirittura 177, pur con minor voti ottenuti, grazie al fatto di aver imposto i propri candidati nell’alleanza del centro Destra alle successive elezioni politiche anticipate del 1994. Ricordiamo che Bossi accettò l’offerta di Berlusconi - del più ricco imprenditore italiano che aveva creato il partito Forza Italia per poter mantenere l’impero creato grazie agli aiuti di Bettino Craxi, quel capo di un Partito Socialista costretto a chiudere bottega a seguito delle indagini e degli arresti dei suoi maggiori esponenti – dopo che negli anni precedenti aveva fatto dichiarazioni in cui insinuava il dubbio di una sua ricchezza lecita. Anzi, il furore di Bossi contro Berlusconi proseguirà nonostante la vittoria alle elezioni e l’ingresso al governo, provocherà la caduta del governo nel 1996 e si arresterà soltanto alla fine del 1999, quando tra lui e Berlusconi scoppierà un sorprendente idillio, che continua tuttora. Oggi, dopo l’ictus che ha stemperato l’aggressività e la lucidità di Bossi, la Lega Nord appare come uno dei tradizionali partiti italiani che vive di rendita sopra un mito sociale – nella fattispecie, federalista - in cui non crede più nessuno, né il partigiano in camicia verde, né il rivoluzionario in doppiopetto.

Beppe Grillo, Antonio Di Pietro
Credo che le vere novità, i veri fermenti di rinnovamento della politica e dei partiti provengano dall’impulso che stanno dando da diversi anni Antonio Di Pietro e Beppe Grillo.
Il primo fece parte del famoso pool di magistrati di Milano che condussero le maggiori inchieste sulla corruzione politica dei primi anni novanta, conosciuta come Tangentopoli. Di Pietro, dopo aver abbandonato la Magistratura nel 1994, onde potersi difendere da una serie di accuse orchestrate in un’area contigua a Berlusconi, risultate poi del tutto infondate, fece il suo ingresso in politica prima come ministro nel primo governo Prodi (1996-2001); in seguito fondando nel 2000 il partito Italia dei Valori da un omonimo precedente suo movimento. Nonostante il lusinghiero 3,9% alle elezioni politiche del 2001 l’Italia dei Valori non avrà nessun rappresentante parlamentare. L’impresa riesce alle successive elezioni del 2006, quando, all’interno dell’alleanza elettorale col Centro Sinistra, pur ottenendo una media del 2,5% tra Camera e Senato, ottiene venti parlamentari e Di Pietro viene riconfermato al Ministero delle Infrastrutture. L’energia morale dell’ex magistrato, manifestatasi in questi ultimi due anni di governo, non solo ha dato l'impulso a una straordinaria mole di lavori pubblici, ma anche una serie di direttive politiche di rigore etico che attraggono i ceti moderati e si propongono anche come fendenti ben mirati al sistema partitocratrico.
Più spinto, più agguerrito contro la casta partitocratrica, refrattario ad ogni mediazione coi partiti è Beppe Grillo, un bravissimo comico, emarginato dai circuiti televisivi italiani nel 1986, a seguito di una battutaccia contro il partito socialista. Da quella data Beppe Grillo, invece di chiedere venia, imbastirà i suoi monologhi teatrali di satira politica e di polemica contro le multinazionali, responsabili della devastazione ambientale. Negli ultimi anni ha aperto un blog http://www.beppegrillo.it/.it, che oltre ad essere il primo blog per contatti in Italia e tra i primi nel mondo, è diventato un vero e proprio movimento di opinione pubblica. Accusato di fomentare l’antipolitica, Grillo ha dimostrato nei fatti, nelle inchieste documentate, nella contro informazione del suo blog, di fare una politica più profonda e più seria di quei partiti che hanno preso il posto dei tradizionali e molto pomposamente si vogliono far chiamare della Seconda Repubblica.
La maggior parte degli utenti del blog di Beppe Grillo, nonché quelli del blog di Di Pietro, http://www.antoniodipietro.it/, nei mesi precedenti a queste imminenti elezioni incitavano entrambi a presentarsi uniti. Ma evidentemente i tempi non sono ancora maturi: Di Pietro, scegliendo di allearsi con il PD, di fatto sta seguendo un suo percorso moderato, senza però abdicare ai principi della giustizia e dell’onestà; mentre Grillo, rifiutando categoricamente di scendere nella competizione politica, dando l’avvallo solo a liste civiche per le concomitanti elezioni amministrative, si è messo su una strada isolata e tutta in salita.
Che cosa succederà in futuro non è facile prevedere. Se comunque l’alleanza PD-Italia dei Valori dovesse soccombere a Berlusconi, l’ipotesi di un avvicinamento tra il movimento di Grillo e la struttura partitica Italia dei Valori potrebbe risultare più realistica rispetto a quanto lo sia oggi.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Non conoscevo questo Blog ma devo dire di aver molto apprezzato l'articolo in questione perchè, a mio avviso, risponde a quello spirito del quale non si trova traccia nella cosidetta "informazione" convenzionale. Si scrive e si pubblica per dar modo alle persone che sono interessate a farlo di pensare con la propria testa.
Per quanto rientra nella mia limitata competenza mi pare che i dati contenuti siano esatti ma trovo comunque apprezzabile l'intenzione di fare il punto su una situazione, come quella attuale, che non si è certo creata dal nulla ma ha numerosi precedenti nella nostra storia recente che, occorre dirlo, sono tutti abortiti perchè i propri capi e rappresentanti hanno trovato più comodo e conveniente farsi inglobare dal potere piuttosto che combatterlo. Chissà se Grillo, o chi per lui, resisterà.

Anonimo ha detto...

La presenza di Beppe Grillo nella cultura e nella società italiana di questi ultimi decenni è importantissima. Italia dei Valori, Beppe Grillo, Partito Democratico (se si libera di certi affaristi)Sinistra Arcobaleno (se diventa una vera sinistra libera da certi obsoleti preconcetti), radicali ed altre persone di buona volontà, possono concorrere a far rinascere l'Italia dopo 60 anni di partitocrazia
gualdo anselmi