giovedì 13 marzo 2008

L'antifascismo professionista e furbesco



Di fronte alle pubbliche esternazioni del magnate dell’editoria e della sanità, Giuseppe Ciarrapico, che, subito dopo la sua candidatura nelle file del partito di Berlusconi, ha sostenuto di non aver mai rinnegato il “ventennio”, i soliti corifei di questa fasulla democrazia, non potendo offenderlo con l’epiteto di fascista, giacché sarebbe risultato un complimento, da ogni pulpito mediatico si sono strappati i capelli infuriati.
Il rimbrotto antifascista fa parte di quell’apparato liturgico che con una certa evanescenza mentale, l’antifascista professionista recita in determinate occasioni. La sua indignazione contro il passato remoto è così viva quanto è spenta la critica ai mali del presente.
Ciarrapico sarebbe la personificazione del demonio perché è pubblicamente incorso in una quasi apologia del fascismo - quello di Mussolini, non di certo il neofascismo stragista - ossia di un regime dittatoriale ch’ebbe una breve vita ed è stato spazzato via ben 63 anni fa.
Ora sarebbe bene aprire una piccola digressione per dire che se anche il regime fascista fu battuto, i suoi germi patogeni, fin dall’inizio degli anni cinquanta del 1900 subirono una mutazione genetica in un nuovo corpo politico: la democrazia cristiana.
I democratici cristiani furono una mostruosità antropologica, nata dall’incrocio tra la spocchia di uno squadrista e la viscida e affaristica umiltà di un sagrestano. Come giustamente rimarcò il poeta Pier Paolo Pasolini già verso la metà degli anni settanta del secolo andato, il fascismo, che aveva dominato per un ventennio ed era stato una tragica parata, non era riuscito però a corrompere intimamente il popolo italiano (a parte la classe dirigente e una gran parte della borghesia), impresa che riuscì invece alla democrazia cristiana, con l’ausilio dei più potenti persuasori mediatici. Se ufficialmente la Democrazia Cristiana aveva un substrato ideologico plasmato su quello cattolico, in realtà, nella pratica, nei rapporti tra istituzioni e cittadini, dava un quotidiano esempio di empietà anticristiana, basata sull’egoismo, sull’edonismo, sull’opportunismo; spazzò via i sani valori di una civiltà contadina che il fascismo, seppure con una certa retorica, aveva avuto il pudore di esaltare e conservare. A differenza di Mussolini, che ci teneva all’autarchia economica e culturale, il partito di Gava e Andreotti aprì le porte ai colossi dell’economia americana e ai suoi prodotti culturali. Mentre il maestro di Predappio faceva circolare la moneta stampata dallo Stato, che non creava debito pubblico, i governi democristiani e i più recenti post democristiani, scelsero di abdicare alla sovranità monetaria e di chiedere in prestito al sistema monetario internazionale i soldi per la macchina statale, che sono la sciagurata causa dell’attuale debito pubblico.
Chiusa la digressione e ritornando agli antifascisti professionisti, vorrei ricordare a lor signori che imbastire una polemica contro una dichiarazione di affetto per qualcosa che risale a 63 anni fa, e, nel contempo, tacere sulla natura attuale degli “affetti”, dei “legami”, e del casello giudiziario di Ciarrapico, sia una azione di propaganda retorica e inefficace. Ciarrapico - e con lui Berlusconi che l’ha proposto – va censurato non già per la dichiarazione di simpatia fascista, ma per quello che è: un tipico ras democristiano che ha sulle spalle diverse condanne penali, tra cui quella per finanziamento illecito ai partiti e per il crack dell’Ambrosiano di Roberto Calvi - vedi Vikipedia. Non vedere o far finta di non vedere, oppure considerare normale questo tipo di curriculum giudiziario, e mostruoso un generico attestato di simpatia fascista, ci rivela la forma mentis di un certo ceto politico del centro sinistra, ancora ideologico e retorico, furbesco e velleitario, che si fa gli affari propri e non impedisce quelli di Berlusconi.

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