domenica 16 novembre 2008

Una legge per chiudere i blog

Quando si afferma che la rete Internet rappresenta la democrazia dell’immediato futuro, mentre i tradizionali mezzi di trasmissione del sapere siano il baluardo della tirannide, credo che ci sia qualcosa di fondamentalmente vero, ma anche tanta enfasi e illusione.
Nella civiltà greco-romana il sapere veniva trasmesso nelle scuole private, ove soltanto i facoltosi potevano mandare i propri figli. Similmente nell’Europa medievale, ove le scuole, per giunta, venivano gestite dalle istituzioni ecclesiastiche.
Fu solo con l’avvento delle civiltà industriali, basate su forme statali di democrazia, che i governi degli Stati Uniti e dell’Europa cominciarono ad istituire scuole gratuite del corso primario e superiore.
La biblioteca pubblica rappresentava il luogo del sapere per eccellenza. Fino a pochi anni fa uno studioso che desiderava scrivere un articolo o un saggio documentato e non possedeva una ricca biblioteca doveva per forza servirsi delle biblioteche pubbliche. Ovviamente se viveva in provincia doveva rinunziarvi, poiché i paesi e le cittadine erano – e in parte lo sono ancora – sprovviste di organiche biblioteche.
La rete internet è stata una vera rivoluzione culturale perché ha permesso anche alle classi popolari e relegate nelle province, di poter accedere gratuitamente a quel sapere che fino ad allora era contenuto nelle biblioteche e negli archivi. Nel tempo di un clic sul mouse oggi è possibile conoscere il testo di una determinata legge del presente e del passato, scorrere le vicende storiche delle varie civiltà, sapere in tempo reale i fatti della politica e della cronaca, consultare una miriade di testi di letteratura classica e moderna, di saggistica o di arte, passare in rassegna foto e video anche strampalati, effettuare una ricognizione fisica su un determinato territorio, e tante altre cose. Insomma, anche se in Internet non sia possibile accedere all’intero scibile umano – ma neppure le biblioteche più fornite lo permettono – un intelletto preparato e colto può usarlo per preparare articoli e saggi, corredati di bibliografia, negli anni scorsi impossibili a scrivere se non viveva in un determinato ambiente.
I siti internet sono l’equivalente dell’opuscolo informativo, spesso veri e propri giornali quotidiani e periodici, con la prerogativa della multimedialità, che la carta stampata non può offrire.
A differenza della carta stampata la pubblicazione di un sito ha un costo inferiore perché non deve supportare le spese di stampa e di distribuzione. Tutti i giornali di carta stampata si sono attrezzati coi loro siti, che, probabilmente, nel giro di pochi anni diventeranno lo strumento prevalente di comunicazione.
Da una costola dei siti sono nati i blog, una specie di megafono personale, con la potenzialità di giungere ad una infinità di utenti. I cittadini che hanno incominciato oculatamente ad usare il blog, anche non esercitando il mestiere di giornalista, hanno rotto gli argini di una informazione e di una cultura compressa dentro le mura dei potentati mediatici, detenuti e manipolati dai poteri economico-politici. Beppe Grillo e Antonio Di Pietro sono stati i primi a capirlo e ad usare questo mezzo per squinternare il regime dell’informazione e del conformismo. Una moltitudine di blogger, tra cui si annovera il sottoscritto, hanno invaso la rete internet, portando ognuno il proprio contributo per una informazione più libera e più veritiera.
I vecchi marpioni della politica italiana lo hanno capito, seppure un pò in ritardo, e stanno cercando di arginare la fiumana. E’ all’esame della Commissione cultura della Camera dei deputati una proposta di legge sul riordino legislativo dell’editoria. Riccardo Franco Levi, deputato del PD, propone l’iscrizione al ROC (registro operatori di comunicazione) come condizione iniziale per la pubblicazione di giornali e siti a carattere pubblicistico, improntati in maniera imprenditoriale, con conseguente estensione del reato a mezzo stampa.(art. 5-8).
Per i siti amatoriali e i blogger indipendenti tutto ciò comporta due grosse limitazioni. La prima limitazione comporta che il responsabile del sito e del blog, il quale ospita un poco di pubblicità per sostenersi, se non è iscritto al ROC viene denunciato per il reato di stampa clandestina. La seconda limitazione, conseguenza della prima, comporta che l’iscrizione al ROC diventa una certificazione di prodotto editoriale, che, in quanto tale, ricade nella sfera dei reati a mezzo stampa. Ne consegue che il responsabile del sito o del blog, che ovviamente non ha potentati che lo protegga, per paura di subire ritorsioni e condanne pecuniarie, comincia ossessivamente ad esercitare la censura. In un clima di paura e censura i siti e i blog cominceranno a chiudere uno ad uno. Gli altri che ostinatamente rimarranno aperti, chiuderanno di forza, sotto il peso di condanne penali e pecuniarie, magari perché “hanno pestato i piedi” ai politici locali.
E’ importante quindi esercitare una pubblica pressione per cambiare gli articoli in questione, onde permettere che siti e blogger si mantengano con un minimo di pubblicità, sopra la quale comincia il prodotto editoriale. E non spaurire i responsabili dei siti per articoli vergati da altri, perché ogni cittadino dovrebbe essere responsabile delle proprie azioni e dei propri scritti.

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