lunedì 19 gennaio 2009

I governi passano, le lotterie rimangono

I governi passano, i giochetti televisivi a premi e le lotterie nazionali rimangono. Ormai perennemente, sciaguratamente, sono entrati a far parte della tradizione di questa italiota civiltà del benessere, accanto ai santi patroni, ai fuochi artificiali, ai bòtti di capodanno, alle furfanterìe dei politicanti, agli eroi fasulli dei telegiornali: un apparato immaginativo che i mass media ci propongono ogni die, come una cicuta a piccole dosi che ci instupidisce democraticamente.
I giochetti a premi televisivi – abnormi, inverosimili, ingiusti – in fondo in fondo sono la panacea, il placebo di questa società in metastasi. Essi svolgono una funzione sociale più efficiente dei sindacati e degli ammortizzatori sociali. Sono i più formidabili alleati di Berlusconi per sedare le rivolte sociali.
La speranza, o meglio l’illusione di vincere un premio e svoltare la propria vita, tiene abbarbicato il popolino ad un atavico e retrivo egoismo, refrattario ad ogni forma di impegno civico e sociale.
Chissà perché la magistratura, che pure ha ficcato il naso nei santuari dei partiti di destra e di sinistra, non ha mai preso sul serio le denunce di coloro che nel recente passato hanno osato mettere in dubbio l’autenticità di certi giochi e premi. Personalmente non mi sconfinfera la segretezza dei vincitori del totocalcio e delle varie lotterie, vorrei che fossero resi pubblici i loro nomi, nello stesso modo di un vincitore di appalto o di pubblico concorso. Sapere i nomi sarebbe utile anche per evitare che le stesse persone chiedano sussidi ai servizi sociali ed evitare le furbesche sottrazioni al fisco. Mi sembra davvero strano che il marcio dilagante nelle pubbliche amministrazioni non abbia contagiato gli uffici delle lotterie. D’altra parte una puttana o un ladro non è giusto che venga dichiarato tale finché non viene colto sul fatto.
Ma anche se i meccanismi delle lotterie dovessero risultare estremamente corretti, l’immoralità di una società che premia i culorotti e punisce ogni forma di virtuosità rimane una aberrazione che non scuote neanche i professionisti della devozione.
Esorto i nostri solenni legislatori a cancellare il noto articolo primo della costituzione e a sostituirlo con il meno ipocrita “L’Italia è una elite di potere fondata sui giochetti a premi. La sovranità appartiene ai partiti, che la esercitano come gli pare.” Credo che se un qualsiasi governo - tra i cui compiti non è compreso quello di educare le masse - dovesse abolire i giochetti, magari insieme al tifo calcistico e alle funzioni religiose, il popolino più bruto, deprivato di ogni forma di sublime illusione, troverebbe la forza per prendere d’assalto i palazzi d’inverno. Ahimé, temo che dovremmo sopportare per molti decenni ancora la crassa e impudica allegria dei vincitori dei telequizi, falsi o veri che siano.

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